Intervista ad Orsolya Juhasz

A cura di Cécile Prakken


CP: ci sono delle differenza nel modo di suonare tra uomini e donne?
OJ: Recentemente ho letto un articolo che diceva che le prime parti in orchestra sono prevalentemente
ricoperte da uomini, ma credo sia solo una questione di statistica, perché la donna è, al pari degli uomini,
molto capace di prendersi le responsabilità che richiedono il ricoprire la prima parte di un’orchestra.
Io sono felice e molto contenta di essere la prima fagottista in orchestra, devo sempre studiare, essere
pronta e suonare al mio massimo e, al tempo stesso, organizzarmi per gestire la famiglia, la casa o per
sviluppare altri interessi, studio infatti anche medicina antroposofica.
Secondo me non ci sono differenza nel modo di suonare tra uomini e donne. Non riuscirei a distinguere se
un suono è di uomo o di donna.


CP: vieni da una famiglia musicale? E perché hai scelto il fagotto?
OJ: Non vengo da una famiglia musicale. Il mio primo desiderio era studiare il pianoforte e diventare una
brava pianista, ma mi dicevano che le mie mani erano piccole per fare grandi intervalli sul pianoforte.
Invece a scuola cantavo in un coro e durante un concerto insieme all’orchestra ho visto e sentito il fagotto
e mi è piaciuto subito.
Così ho iniziato a studiare il fagotto ad Eger, in Ungheria, la città dove sono cresciuta. Adesso suono
nell’Orchestra Sinfonica di Milano, suono nel quintetto di fiato Briar Rose e insegno fagotto al liceo
musicale.
Ho lavorato per quattro anni in orchestra in Asia, cioè in Malesia, e recentemente ho suonato in Giappone,
che ha una ricca tradizione e molto rispetto per la musica e per i musicisti.
Queste trasferte sono sempre delle importanti esperienze.
La Malesia recentemente si è aperta alla musica classica in senso professionale. La prima orchestra esiste
dalla fine degli anni ‘90 ed è da quel periodo che hanno iniziato anche a insegnare musica e cultura
musicale nelle scuole, mentre il pubblico che veniva ai concerti era soprattutto estero, almeno
inizialmente.
Insegno fagotto in un liceo musicale in Lombardia, ho dei bravi alunni interessati allo strumento e alla
musica classica.


CP: il ruolo del fagotto nell’orchestra e nella musica da camera. Quando il basso è debole,
l’esecuzione si trova in difficoltà. E’ vero?
OJ: Sì è assolutamente vero. Se manca una linea del basso oppure se la base è debole, gli altri musicisti si
trovano in difficoltà, non hanno delle fondamenta su cui appoggiarsi. La linea del basso deve essere solida
su cui costruire la musica e l’interpretazione. I fagotti, i contrabbassi, i violoncelli danno il tempo e
l’armonia. Se non lavori con una solida base sarà difficile costruire un bel lavoro. Questo ovviamente vale
sia nell’orchestra che negli ensembles più piccoli, nella musica da camera. Durante il mio studio
preparativo lavoro molto su questo ruolo del mio strumento.


CP: hai una preferenza per suonare in orchestra oppure in ensemble da camera?
OJ: No, non ho una preferenza per la musica da camera oppure per suonare in orchestra. Già durante i
miei studi all’Università a Budapest suonavo in un quintetto di fiati. L’equilibrio di suoni e di timbri è più
delicato e trasparente nell’ensemble cameristico e bisogna ascoltare molto attentamente gli altri. Mi
accorgo come questo aspetto sia stato molto formativo anche per la mia esperienza attuale in orchestra.


CP: secondo te come si potrebbe coinvolgere più giovani nelle sale d’orchestra?
OJ: Secondo me dipende molto dal percorso sociale e contestuale dei ragazzi sul quale l’ educazione
dialoga e personalizza la propria offerta. Attraverso la scuola possiamo cambiare la vita degli studenti;
impostando un lavoro a lungo termine, con molta pazienza, i benefici saranno molteplici, e tra essi quello
di portare i giovani in sala.


CP: che rapporto hai con la nuova tecnologia?
OJ: Non ho paura della nuova tecnologia, anzi ne sono interessata. Durante la pandemia ho fatto un corso
di coding, l’ho trovato molto interessante, purtroppo però mi manca il tempo per poter seguire anche tutti
gli altri sviluppi tecnologici disponibili.Uso i social media ma non ritengo utile condividere aspetti personali con gente che non conosco e poi
usare queste piattaforme richiede una presenza regolare e costante e quindi molta disponibilità di tempo.
Addirittura al giorno d’oggi si parla di social media manager come un lavoro.


CP: hai un modello di quintetto di fiati?
OJ: Ci sono molti quintetti al top in questo momento, io ad esempio ammiro il quintetto Carion per il loro
modo di suonare, tra l’altro suonano tutto a memoria.


CP: cosa è secondo te il talento?
OJ: Il talento è una particolare predisposizione che, a mio modo di vedere, è già dentro di noi e che ha
bisogno di essere sviluppato con costanza e disciplina.
In questo l’educazione ha un ruolo importante, anche se credo che un particolare talento prima o poi viene
alla luce in qualche modo.

Grazie a Orsolya Juhasz
©Cécile Prakken, aprile 2023